Industriale

Il mais, tra tutte le materie prime agricole, è quella che più d’ogni altra ha saputo adattarsi ai diversi ambienti agronomici rappresentando una fonte insostituibile per l’utilizzo diretto e per le trasformazioni industriali. Le mutate esigenze alimentari primarie, unitamente allo sviluppo di nuove conoscenze in ambito chimico e microbiologico, oltre all’acquisizione di tecnologie industriali sempre più sofisticate, hanno consentito, a partire dalla metà del milleottocento, di guardare al mais come alla materia privilegiata per l’impiego industriale. È così che, grazie alle sue proprietà chimico-fisiche e all’elevato potere calorico, intuito più di quattromila anni fa dai popoli del centro America, si sono sviluppate numerose attività industriali in grado di sfruttare, esaltandole, le proprietà di questa meravigliosa «miniera verde». Tra queste le principali sono rappresentate dall’estrazione a umido dell’amido e dall’impiego nell’industria molitoria e nella chimica verde, che ricorre al mais per la produzione di energia rinnovabile e per la sostituzione di materiali plastici con prodotti biodegradabili.

La gamma di prodotti ottenibili lavorando il mais a secco (mulini) o per via umida (amideria) è molto ampia. Attraverso la lavorazione a secco si ottengono: spezzati più o meno fini (homini, grits), semola, farina e crusca. Con gli sfarinati, a loro volta, si producono fiocchi, polenta, farine precotte, semole glutinate ecc. Dalla lavorazione per via umida si ottengono prodotti di prima trasformazione: amido nativo, proteine, farina glutinata, corn steep liquor (un concentrato proteico frutto della fermentazione lattica del mais). Successivamente, impiegando l’amido come materia prima in un processo a cascata, si generano prodotti di seconda trasformazione: destrine, glucosio, destrosio, fruttosio, isoglucosio, caramello, amidi pregelatinizzati, amidi modificati, ciclodestrine, polioli e acidi organici.

Tratto da: “Il mais” – Coltura & Cultura, AA.VV., Script Edizioni

Dal mais all’amido

La tecnica di estrazione dell’amido è nota fin dai tempi antichi quando era ottenuto da un impasto di farina di frumento e orzo. Il ritrovamento di fogli di papiro dell’antico Egitto fanno risalire l’impiego dell’amido a 3500-4000 anni prima della venuta di Cristo: in quell’epoca il riso e il frumento erano ampiamente coltivati e venivano utilizzati oltre che per l’alimentazione umana anche per usi tecnologici seguendo il cammino della civilizzazione. Nel primo secolo dopo Cristo, lo scienziato greco Dioscoride nel suo trattato sulle sostanze con effetti benefici sulla salute dell’uomo “ Perí haplón pharmákon ” (Trattato sulla pratica medica) parla per primo di una sostanza di origine vegetale utilizzata per la produzione di medicamenti e impieghi domestici, non esclusivamente alimentari. Si deve ai Romani inizialmente e successivamente ad altre popolazioni europee il merito di aver migliorato e diffuso la tecnica di estrazione dell’amido da cereali, che è rimasta pressoché invariata fino al tardo medioevo.

La storia moderna dell’industria dell’amido, estratto per via umida, si sviluppa alle origini negli Stati Uniti di America dove, nei primi anni del XIX secolo, l’amido era ottenuto dal frumento e dalla patata. Il merito della nascita della prima amideria di mais è comunemente riconosciuto a Wm. Colgate & Company, che convertì a mais il preesistente impianto di Jersey City, N.J., dove precedentemente si lavorava frumento: era l’anno 1844. Da questo momento ha preso inizio la grande diffusione dell’amideria negli Stati Uniti e il mais è ben presto diventata la materia prima per eccellenza. L’impiego per la bozzima, quale coadiuvante nella filatura delle fibre vegetali e il confezionamento dei tessuti, in qualità di appretto ha rappresentato il primo rilevante sbocco commerciale per l’amido. Negli stessi anni in Europa muoveva i primi passi l’estrazione dell’amido dal frumento e dalla patata.

La produzione nel 1866 del destrosio, zucchero semplice che rappresenta l’elemento di base della molecola complessa dell’amido, ha segnato un momento importante a partire dal quale ha mosso i suoi primi passi e poi si è sviluppata la chimica degli zuccheri: il destrosio è divenuto ben presto il supporto energetico privilegiato per l’industria delle fermentazioni. Negli anni che seguono si affina la tecnica di idrolisi dell’amido, che consente la produzione di miscele di zuccheri destinate ai più svariati impieghi, specialmente nel settore alimentare, svolgendo la funzione di edulcoranti in sostituzione dello zucchero di canna. Nel momento in cui l’attività d’estrazione dell’amido si realizza su scala industriale, gli amidieri incominciano a valorizzare tutti quei prodotti “fatali” che, essendo anch’essi al pari dell’amido costituenti della cariosside del mais, sono separati nel corso delle successive fasi di separazione dell’amido. È così che il pericarpo, sottile strato di rivestimento della cariosside ricco in fibra, il glutine che rappresenta la frazione proteica, il germe dal contenuto elevato in olio e l’acqua di macerazione ricca d’elementi solubili, trovano il loro sbocco naturale nel settore dell’alimentazione zootecnica e della fermentazione. Solo agli albori del 1900 si sviluppa la chimica dell’amido capace di sfruttare a pieno ed esaltare le sue principali caratteristiche reologiche quali la viscosità e la fluidità. Dopo aver messo a punto tecnologie capaci di elevare i livelli di purezza, prende inizio la produzione di amidi tostati, le destrine, gli amidi precotti solubili a freddo e quella di amidi modificati per via chimica.

Negli anni venti del XX secolo la ricerca in campo microbiologico dà un grosso impulso al settore, introducendo l’impiego di enzimi in grado di agire in modo mirato e specifico sulla molecola dell’amido per la fabbricazione dei primi prodotti di idrolisi, del destrosio cristallizzato e quindi del destrosio anidro (disidratato) e delle maltodestrine. La possibilità di produrre destrosio purificato e cristallizzato, unitamente alla disponibilità di nuovi e più efficienti enzimi, ha consentito successivamente la fabbricazione di prodotti di isomerizzazione quali il fruttosio che miscelato con il destrosio da origine all’isoglucosio, succedaneo del saccarosio, zucchero di barbabietola e di canna. Gli sciroppi di mais grazie agli elevati standard di purezza hanno quindi concorso alla crescita esponenziale dell’industria della fermentazione per la fabbricazione di lieviti, enzimi, acidi organici, produzioni molto spesso integrate a valle dell’amideria. Parallelamente all’evoluzione della chimica degli zuccheri si è ainata, nel secondo novecento, la trasformazione dell’amido che ha consentito di differenziare l’offerta di prodotti modificati per via chimica ed enzimatica.

Si sono spalancate quindi le porte per l’impiego degli amidi nel settore alimentare, farmaceutico, industriale (fonderie, filature, cementifici, colori), della carta e cartone e solo più recentemente è stato utilizzato per la produzione di materiali plastici biodegradabili. La ricerca dell’efficienza massima nella gestione degli impianti, legata a economie di scala sempre più elevate, ha visto lo svilupparsi negli Stati Uniti, nel secondo dopoguerra, accanto all’amideria, la produzione di etanolo fabbricato a partire direttamente dal mais o da suoi prodotti di idrolisi (zuccheri di mais).

Solo recentemente in Europa si è cominciato a parlare della produzione d’etanolo da mais e frumento, decisione che, a causa degli elevati prezzi della materia prima, è oggi messa in discussione. Il mais continua invece a rappresentare la principale materia prima per l’amideria essendo gli amidi di mais e i suoi derivati destinati a essere impiegati in una miriade di impieghi nei campi più disparati.

Tratto da: “Il mais” – Coltura & Cultura, AA.VV., Script Edizioni

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2024 Assomais, tavolo di confronto per la filiera maidicola • Credits Slowmedia